L’Italia è ancora a più della metà del traguardo europeo e bisogna effettivamente pensare a nuove politiche di sostegno della crescita e dell’occupazione. Il fisco sempre in lizza, sappiamo che a partire dal 2015 scatterà “il vincolo del debito”.
Cosa sarà chiesto all’Italia? Un “taglio forzoso” del debito pari a 1/20 all’anno, sino a raggiungere i parametri stabiliti dall’Europa. Molto si conta anche sulla crescita del Pil a cui potrebbe conseguire una maggiore elasticità dal lato del debito, ma da questo punto di vista lo scoramento non accenna a diminuire, ed è inutile definirlo pessimismo.
Torna al centro del dibattito economico e politico il prestito forzoso e si sta riflettendo sull’eventualità di riproporlo, in altra forma.
Nel frattempo, servono riforme per la crescita e lo sviluppo per poter essere in grado di non presentare l’ennesima ricetta “lacrime e sangue” che, in un paese in difficoltà di crescita, sarebbe improponibile. Si è capito, poi, che lo “spread” ballerino (differenziale di rendimento fra Btp decennali e Bund tedeschi) non è certo sinonimo di peggioramento o miglioramento delle prospettive economiche. Ad ogni entrata di scena, in politica, giusto per ravvivare gli animi, si parte con uno spunto che per “super Mario” è stato lo spread, mentre per Renzi è stato quello delle rendite finanziarie e delle banche.
Ci si attende una raffica di privatizzazioni da parte del nostro paese che deve raggiungere i target europei.
Con che approccio, si può tornare a parlare di prestito forzoso?
Prestito forzoso e titoli di debito pubblici
Quantunque si parli di “forzoso”, ci si riferisce ad una escamotage, attraverso collocamenti speciali (a tassi calmierati), per ottenere altri obiettivi (ad es. fare cassa). I titolipubblici molto probabilmente rappresenteranno ancora l’architrave dell’inter-scambio tra Stato, banche centrali nazionali e banca centrale europea (Bce).
La maniera più diretta per fare cassa è contenere ulteriormente la spesa pubblica, cercare di fare leva sullo sviluppo, svendere le proprietà pubbliche.
Oppure si potrebbe pensare al prestito forzoso, in varie forme, rendendo appetibili i titoli di stato rispetto ad altre forme di impiego alternativo (ben si inserisce in tale intento, la riforma delle rendite finanziarie che lascia al 12,5% il prelievo impositivo sui titoli di debito e passa al 26% quello sulle azioni, le obbligazioni societarie e gli altri strumenti finanziari).
Un prestito forzoso si avrebbe imponendo il collocamento di titoli di debito pubblico, avvalendosi dell’opportunità da parte delle banche centrali nazionali di scontare i titoli presso la Bce, opportunità non troppo percorribile anche per le precedenti esposizioni delle banche nell’emissione dei titoli pubblici, in luogo degli impieghi in prestiti.
Così si dovrebbe pensare ad altre escamotage alternative, da collegare al circuito degli investimenti (incorporare i titoli di debito pubblico in una composizione mixata di portafoglio di risparmio gestito con un rendimento allettante, collocando i titoli di debito pubblico ancora “in pancia” alle banche, affiancati a quote del patrimonio pubblico). Più che di “prestito forzoso”, si realizzerebbe, in tale contesto, una sorta di privatizzazione forzosa. Il progetto ha preso il nome di “swap program” e non viene visto molto bene, soprattutto con il ritorno del sentimento “nazionale”.
Si è, così, pensato di non intaccare ulteriormente il patrimonio pubblico (di specie i settori strategici) e non potendo adottare la ricetta francese (forse un tantino nazionalista: la Francia ha esteso con il recente provvedimento legislativo i settori per i quali ogni accordo tra società estere e società nazionali deve essere sottoposto al vaglio preventivo dello Stato, ponendo ostacolo alla libertà indiscriminata di intrapresa), si potrebbe ottenere una sorta di “prestito forzoso”, ricorrendo a dei prestatori di garanzia che riceveranno un compenso periodico. Chi sono i prestatori di garanzia? I privati, contro emissioni straordinarie di titoli di debito pubblico. Si potrebbe ricorrere a proporre un mutuo ipotecario a tassi particolarmente vantaggiosi. Ma il tutto richiede una certa compatibilità con la politica della Bce, sempre se non si decida di non optare per il finanziamento, offrendo in contropartita integrale i titoli di stato ed una remunerazione addizionale al prestatore di garanzia (ad es. sottoforma di esenzione fiscale, anziché di rendimento aggiuntivo periodico)
Insomma, il bello per l’Italia deve ancora arrivare. Di certo, non si pensa alla pioggia di cartolarizzazioni (prestito forzoso correlato), sull’esempio del modello americano ma una soluzione bisognerà pure trovarla, soprattutto per abbattere gli interessi sul debito.